Esercizi spirituali
della Comunità Educatori

Alessandro Ciquera

Dal 5 all’8 gennaio, nella casa di Verrayes, si sono svolti gli Esercizi spirituali della Comunità Educatori.

Momento annuale e rigenerativo importante nel cammino di tanti giovani, coinvolti in servizi che, in modi vari, dalla segreteria all’animazione dei ragazzi/e dei gruppi formativi, tengono in piedi la vita delle nostre parrocchie.

Spunto di apertura è stato il Movimento giovanile di rivoluzione che sta riempiendo le piazze dell’Iran, guidato da donne e giovani, in prima fila per chiedere un cambiamento nel Paese. La provocazione ha riguardato la capacità di avere qualcosa per cui donare la vita radicalmente e senza farsi sconti, e quanto quello che stava succedendo a migliaia di chilometri di distanza dall’Europa poteva dire a chi vive nella sicura Grugliasco.

Il filo della riflessione si è snodato lungo tre direzioni: un Dio-In, un Dio-Con, un Dio-Per.

Il Dio-In nasce dal Natale, è un Dio che si fa carne e viene a cercarci nella nostra notte.

In che misura c’è il Signore nella nostra vita? Quanto si vede nelle nostre relazioni, nelle amicizie, nel tempo libero, nel luogo di lavoro?

Il problema è che spesso viviamo il nostro rapporto con Dio come viviamo i rapporti con tutti gli altri, in maniera autocentrata, cercando di “possedere” la relazione con Dio, filtrando dalla preghiera quello che ci fa più comodo, cercando di controllare i nostri stati emotivi.

Maria ha un atteggiamento molto diverso, accetta che ci sia una “Novità” che arriva dall’esterno, che è indi-pendente dalla nostra volontà, sa stare davanti all’altro, senza cadere dentro le proprie dinamiche.

La reazione di Maria è: “Come farai?”(Lc 1,34) a differenza della reazione di Zaccaria che dice: “Come farò?”(Lc 1,25). Noi siamo abituati a piegare la realtà a quelle che sono le nostre esigenze, con il rischio di vivere una fede “part-time”.

Il Dio-Con è il Dio che si fa Comunione, che siede a tavola con l’uomo e “in questo misterioso scambio” ci libera dalle nostre schiavitù, tra la “nostra povertà e la Tua grandezza”. Possiamo uscire dalle nostre paure, qualcun altro ci ha amato, qualcun altro è entrato dentro le nostre esistenze.

Gesù “non ha considerato un tesoro geloso la Sua uguaglianza con Dio, ma spogliò Se stesso assumendo la condizione di servo” (Fil 2,11).

Abbiamo un pezzetto di Dio che si fa strada dentro di noi, crea un “tessuto di comunione” che aumenta negli anni, un’intesa fertile, come fra due sposi. Quando ci proviamo a salvare da soli ci si accontenta, riempire il vuoto con la ricchezza dà inizialmente dei frutti, ma poi ci lascia profondamente soli, perché ci accorgiamo che non è mai “abbastanza”, ci sarà sempre qualcuno che ci sembra più in alto di noi.

Il Dio-Per è il Dio che dona la vita sulla Croce, che si fa carico dei nostri peccati, della nostra separazione da Lui, che paga il prezzo al posto nostro.

Nella logica dell’auto-salvezza, la morte è la fine dell’Io.

La logica di Cristo è opposta, per salvare noi, muore Lui. La morte non è quindi solo un atto “finale”, ma “continuo”, perché fa parte della vita di Amore. Chi ama sa che deve morire, il mio vivere, il mio donare ha dentro di sé la morte, non si “attacca”, non cerca di “trattenere” l’altro. Il vero Amore, se è reale, è “inutile”, senza un utile per se stessi (Lc 17,10).

Nel morire così, c’è una rinuncia all’autoaffermazione finale, quella del perdere da “eroi”, che ha a che fare con la tentazione del potere, la “mia” idea di salvezza, la “mia” idea di progetto di vita.

Cristo ci insegna a abbandonarci nelle mani del Padre: “Non la mia volontà, ma la Tua” (Lc 22,39-46). La nostra vita la mettiamo nelle Sue mani.

Gli esercizi si sono conclusi con la Santa Messa, domenica 8 gennaio, e con l’augurio a tutti che i giorni trascorsi non siano solo un “pit-stop” temporaneo, ma uno stimolo per iniziare a cambiare veramente il modo di vivere la nostra quotidianità.

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