di Roberto Petrasso

Siamo letteralmente circondati da classifiche. Abbiamo questo bisogno patologico di dare un ordine alle cose e definire in modo chiaro e tondo chi sia meglio di chi. Passando da classifiche come “i più importanti 100 romanzi fantasy della storia”, a classifiche del tipo “i migliori 10 cibi per gatto in India”. Per quanto la seconda possa sembrare oltremodo interessante, oggi (purtroppo) ci focalizzeremo sulla prima. Non dovrei neanche perdere tempo a dire che, ovviamente, in cima a questa classifica troviamo il capolavoro di Tolkien, Il Signore degli Anelli, ma ci tengo a ricordare che è il miglior fantasy di sempre e che dovrebbero metterne una copia nei cassetti degli alberghi come fanno con la Bibbia. Non essendoci quindi il benché minimo bisogno che vi consigli di leggere la trilogia di Tolkien, questo articolo lo dedico alla serie che occupa il secondo gradino del podio: Il Libro Malazan dei Caduti. E vi ricordo, la Fantasy Book Review lo classifica come secondo fantasy più importante della storia. Non dell’anno. Non della fiera del paese. DELLA STORIA.

Se tra le poche persone che leggeranno questo articolo c’è qualcuno che gioca a D&D o altri giochi di ruolo da tavolo, capirà facilmente quanto sia ampio l’universo Malazan se gli dico che tutto questo non nasce come serie di libri ma come ambientazione per un gioco di ruolo. Quando i due creatori, Steven Erikson e Ian Cameron Esslemont capiscono che il progetto non andrà mai in porto, si cimentano nella stesura di una sceneggiatura cinematografica. Dopo i diversi rifiuti e lo scarso interesse suscitato, i due alzano un grande dito medio al mondo e iniziano a scrivere ognuno una serie diversa ambientata nell’universo da loro creato. E mentre la serie di Esslemont ha riscosso un successo mediocre (in Italia non ne esiste traduzione), la saga portata avanti da Erikson è diventata un successo globale.

Nel caso non siete pratici di giochi di ruolo ma avete visto/letto Il Trono di Spade, immaginatevi un mondo almeno due volte più grande di Westeros (facciamo anche tre), con almeno due volte altrettanti personaggi (ma facciamo anche quattro), a cui vanno poi aggiunti un ricco pantheon di divinità e semidei.

Se non giocate a giochi di ruolo e non avete mai visto/letto la serie di George Martin, quello che posso dire è che Il Libro Malazan dei Caduti è un’opera enorme e grandiosa. Ogni libro ci porta sempre più in profondità in un mondo minuziosamente studiato, di cui nessun dettaglio è lasciato al caso, in cui le vicende dei protagonisti si intrecciano con la scoperta dei segreti e della storia delle epoche passate. La complessità di questo universo può essere il fattore che rende difficile da seguire il tutto, ma è indubbiamente il suo più grande punto di forza. Erikson ed Esslemont vanno oltre il classico stereotipo di fantasy con elfi, nani e draghi. I due creano una sfilza enorme di razze, umane e non, ognuna con la sua storia, con i suoi tratti razziali, con la sua lingua. Tiste Andii, Jaghut, Trell, T’lan Imass, sono solo alcuni dei nomi delle molte razze che, oltre agli umani, popolano o hanno popolato il mondo. Ed il mondo stesso non è da meno: ambientato su più di tre continenti separati, Erikson si premura di dare un nome ad ogni città, fiume, deserto, catena montuosa, ordine cavalleresco, tribù, eccetera. L’autore, inoltre, infonde nell’opera le sue conoscenze da archeologo e antropologo, rendendo il tutto terribilmente verosimile, dalla struttura delle città alla struttura degli eserciti, dai paesaggi della natura selvaggia ai paesaggi urbani, passando anche per battaglie e assedi che, se non fosse per la presenza della magia, potrebbero tranquillamente appartenere ai resoconti di uno storico.

Il primo libro della serie, I Giardini della Luna, ci porta tra le fila dell’esercito Malazan, che, sotto gli ordini della nuova imperatrice Laseen, si trova intento a estendere il dominio dell’impero sulle ultime città libere del continente di Genabakis. Quello che non sanno è che queste battaglie saranno solo la prima mossa su una scacchiera molto più grande, una guerra terrena che si estenderà anche agli dèi. Le divinità stesse metteranno mano nei conflitti dei mortali per soddisfare i loro obbiettivi e la loro sete di potere su un mondo che nel suo passato nasconde molti, troppi segreti. Tra assedi, tradimenti, complotti, macchinazioni, interventi divini e battaglie all’ultimo sangue, la serie si rivela semplicemente incredibile. È difficile per me descrivere ulteriormente la trama, vista l’enormità e la complessità del tutto. Possiamo vedere la storia come divisa tra trame principali: i Malazan, con i loro tentativi di imporre e mantenere il loro ordine sul mondo conosciuto; i ribelli di Sette Città e i seguaci della dea apocalittica, che dalle loro città del deserto insorgono contro i Malazan; infine, i Tiste Edur, che dal lontano continente di Lether avviano la loro campagna per creare un impero. Ogni romanzo contiene una diversa storia. Ogni storia nasce su un continente diverso, ognuna con le sue diramazioni e sottotrame, ma, con lo scorrere del tempo, tutti i destini finiscono per intrecciarsi, convergendo verso un epico, epicissimo finale.

La narrazione è lineare, ma rimbalza da un personaggio all’altro, nessuno dei quali viene descritto completamente a livello visivo, a volte qualcuno non viene proprio descritto, perché Erikson si focalizza sul carattere e su pochi dettagli, rendendo ogni protagonista facilmente riconoscibile anche solo dalle sue linee di dialogo. Il che denota abilità, ma si dimostra anche fondamentale vista la dimensione del cast che compone ogni singolo libro. E per quanto non ci siano particolari deviazioni dal tragitto lineare della narrazione, qua e là Erikson infila dei dialoghi o degli eventi utili a ricostruire il passato. Calcolandoli malamente, vengono forniti elementi per coprire 300˙000 anni di storia, i cui eventi, spesso e volentieri, hanno conseguenze anche nel presente. Il vero problema, che secondo me rende le cose più divertenti, è che Erikson non rivela mai tutto direttamente se non quando è strettamente necessario, lasciando così al lettore il compito (e il gusto) di mettere assieme tutte le tesserine del puzzle sparse per i capitoli. E nonostante gli sporadici aiuti dell’autore, il puzzle resta assurdamente grande.

Uno dei dettagli che personalmente apprezzo di più, e che rende maggiormente l’idea di quanto sia completa quest’opera, si trova all’inizio di ogni capitolo: una poesia, una citazione, un estratto di un testo storico. Tutti tratti dal mondo in cui è ambientata la vicenda a cui fanno da introduzione. Danno l’impressione di un mondo vivo, in cui tutti quegli anni di storia sono veramente esistiti, dimostrando l’impegno e le capacità narrative dell’autore.

La considerazione che più mi sento di fare è questa: il Libro Malazan dei caduti non è una lettura estiva. Non solo perché stiamo parlando di dieci volumi per un totale di 10˙658 pagine (il nostro amato Signore degli Anelli ne ha solamente 1264), ma perché se non lo si segue un minimo si finisce ad annaspare in un mare di nomi e vicende. Chi però riesce a stare a galla e seguire il flusso di informazioni che compongono ogni capitolo, viene premiato con una storia che definirla epica sarebbe riduttivo. È vero che ho più volte espresso come non sia facile seguire al 100% le vicende, ma ciò non toglie che la ricompensa per aver portato a termine questa lettura vale almeno due volte tanto la fatica e il tempo impiegati. Qualcuno afferma che questa serie abbia alzato l’asticella da raggiungere per scrivere fantasy di alto livello. Qualcun altro che questa sia lo spartiacque nella letteratura fantasy epica di più alto livello. Io mi limito a dire che non ho mai visto una storia così straordinaria. Per chi ama il genere e vuole tenersi occupato per qualche mese, questa serie è d’obbligo assoluto.

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