Cena dei poveri

Don Paolo

Faremo la cena dei poveri: sarà il 13 di novembre, domenica alla sera; sarà a san Giacomo, mangeremo pasta e fagioli. Funzionerà così: chi desidera, prenotandosi nei nostri uffici parrocchiali, potrà venire a cena alle 19.30, ma arrivando dovrà “pagare il biglietto” per così dire, portando un pacco viveri o qualcosa del genere per l’Emporio cittadino, a disposizione delle persone in difficoltà della nostra città.

Cena dei poveri, non cena per i poveri: bruttina la scena dell’invito una tantum rivolto a chi vive di stenti dove i samaritani, buoni per una sera, si rivestono di grembiule e passano a servire. Cena dei poveri, non cena povera, perché la condivisione e l’amicizia sono sostanziali in un incontro conviviale, e vorremmo che fossero valori sempre presenti quando le nostre comunità convengono a tavola: non deve essere una cena triste. Cena dei poveri, non cena a favore dei poveri, come le cene di beneficenza dell’associazione o del club di turno che sotto Natale si impegnano in un’opera buona per sentirsi più buoni.

Cena dei poveri, pensando a cosa potrebbe mangiare una famiglia in difficoltà economica una domenica sera come tante; certo un gesto simbolico, facile da fare per chi il giorno dopo potrà scegliere un altro menù, ma che dovrebbe aiutare a pensare che le mura domestiche nascondono povertà e fatiche che con dignità non poche famiglie sopportano. Cena dei poveri che può aiutarci a vedere che i poveri ci sono e che l’unico modo per aiutare è condividere; che forse non siamo poveri a tavola, ma siamo dei poveretti con molte fragilità nella vita e che a noi per primo fa bene condividere; che lo stile del “si salvi chi può” è intollerabile, fa danno agli altri e fa del male, prima di tutto a noi. Cena dei poveri perché potrebbe essere un’abitudine della domenica sera fare cena condivisa e imparare a essere attenti a chi sta facendo fatica vicino a noi, che è poi il nostro prossimo.

Scrive papa Francesco nel messaggio per la VI giornata mondiale dei poveri:

Sappiamo che il problema non è il denaro in sé, perché esso fa parte della vita quotidiana delle persone e dei rapporti sociali. Ciò su cui dobbiamo riflettere è, piuttosto, il valore che il denaro possiede per noi: non può diventare un assoluto, come se fosse lo scopo principale. Un simile attaccamento impedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguardo, impedendo di vedere le esigenze degli altri. Nulla di più nocivo potrebbe accadere a un cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera e fallimentare.

Non si tratta, quindi, di avere verso i poveri un comportamento assistenzialistico, come spesso accade; è necessario invece impegnarsi perché nessuno manchi del necessario. Non è l’attivismo che salva, ma l’attenzione sincera e generosa che permette di avvicinarsi a un povero come a un fratello che tende la mano perché io mi riscuota dal torpore in cui sono caduto”.

E ancora cita le parole di Charles De Foucauld: “Non cessiamo mai di essere in tutto poveri, fratelli dei poveri, compagni dei poveri, siamo i più poveri dei poveri come Gesù, e come Lui amiamo i poveri e circondiamoci di loro”. (Commenti al Vangelo di Luca, Meditazione 263)

Cena dei poveri, cena condivisa, a cui tu sei invitato perché sei povero, povero come me. Vieni e porta qualcosa da condividere.

  I prodotti di cui l’Emporio ha più necessità sono: 

 – olio di oliva e di semi
– passata di pomodoro
– caffè
– carne in scatola
– tonno
– biscotti e brioches
– detersivi (lavatrice, piatti, pavimenti, sgrassatori…)
– sapone liquido

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