Insieme, con Cristo

Don Lorenzo

Tanti sono stati, e continuano ad essere, gli effetti nefasti dell’epidemia di Covid 19 che ormai da un anno accompagna la nostra vita: effetti sulla salute fisica (i numeri dei malati e dei morti), sull’economia (chi è stato licenziato, chi non può riprendere la propria attività, chi ha visto diminuire in modo pesante il suo reddito), sulle relazioni limitate o annullate (per i ragazzi la scuola e lo sport, i contatti familiari, il vicinato, la tendenza a ritrarsi nel proprio guscio per paura di infettarsi).
Non ultime, e non meno gravi, le conseguenze sulla salute spirituale, sulla vita cristiana nella sua dimensione comunitaria: andare in chiesa è diventato per alcuni (molti?) un motivo di possibile contagio, nonostante le precauzioni che nelle chiese vengono generalmente osservate con molta attenzione; per cui c’è chi giudica superfluo o addirittura pericoloso, per sé e per gli altri, partecipare alla Messa e alle altre celebrazioni liturgiche. Certamente si è accentuata una visione individualistica della fede cristiana, secondo la quale è sufficiente la preghiera fatta in casa, il rapporto con Dio individuale e quasi privato. Da più di una persona ho sentito dire: com’è bello seguire la Messa in televisione, seduti comodi in poltrona… I 75 lunghi giorni di lockdown liturgico della scorsa primavera hanno prodotto anche questo risultato…
Eppure non è possibile ridursi ad un cristianesimo individualistico. Contro questa mentalità diffusa si è levata la parola del Papa, in occasione dell’udienza generale del 3 febbraio scorso. Ho trovato il suo intervento molto interessante e voglio qui riproporne e commentarne alcuni tratti.
Papa Francesco ha così esordito: “Si è più volte registrata, nella storia della Chiesa, la tentazione di praticare un cristianesimo intimistico, che non riconosce ai riti liturgici pubblici la loro importanza spirituale. Spesso questa tendenza rivendicava la presunta maggiore purezza di una religiosità che non dipendesse dalle cerimonie esteriori, ritenute un peso inutile o dannoso”. Questa tentazione non è dunque nata oggi ed ha assunto forme diverse nel corso della storia del cristianesimo, ma nella situazione attuale essa vorrebbe trovare una ulteriore giustificazione nel fine di preservare la salute dei singoli e della collettività, che è certamente un bene da custodire. Tuttavia, in questo modo si dimentica che la relazione, il rapporto con gli altri, l’incontro sono costitutivi dell’essere umano: nasciamo da una relazione, ci formiamo attraverso le relazioni, non siamo pienamente noi stessi se non in relazione con altri. Questo vale per l’essere uomini e donne, e vale per l’essere cristiani. La storia della salvezza raccontata dalla Bibbia è storia di persone dentro una comunità, dentro un popolo; lo stesso Gesù chiama alcuni a sé a fare comunità con lui e per mandarli a costruire comunità di credenti. Anche la preghiera cristiana non può dunque fare a meno di una dimensione comunitaria, espressa in modo particolare attraverso la liturgia della chiesa nella quale la fede riconosce la presenza di Cristo. Continua il papa: “La liturgia, in se stessa, non è solo preghiera spontanea, ma qualcosa di più e di più originario: è atto che fonda l’esperienza cristiana tutta intera e, perciò, anche la preghiera è evento, è accadimento, è presenza, è incontro. È un incontro con Cristo. Cristo si rende presente nello Spirito Santo attraverso i segni sacramentali: da qui deriva per noi cristiani la necessità di partecipare ai divini misteri”.
Papa Francesco ci ricorda così che la liturgia è fondamentale per la vita della comunità e del singolo cristiano: in essa si incontra veramente la presenza di Cristo e si esce dalla eccessiva e asfissiante attenzione a se stessi che segna oggi la vita dell’uomo, anche nella dimensione spirituale. Riporto ancora le sue parole: “Ogni volta che celebriamo un Battesimo, o consacriamo il pane e il vino nell’Eucaristia, o ungiamo con l’Olio santo il corpo di un malato, Cristo è qui! È Lui che agisce ed è presente come quando risanava le membra deboli di un infermo, o consegnava nell’Ultima Cena il suo testamento per la salvezza del mondo. Un cristianesimo senza liturgia, io oserei dire che forse è un cristianesimo senza Cristo”.
Non vogliamo e non costruiamo un cristianesimo senza Cristo! La Quaresima che sta per iniziare ci chiede conversione anche da questo punto di vista: riscoprire la relazione con il Signore nella liturgia e da qui trarre linfa e orientamento per rimotivare e arricchire le nostre relazioni vicendevoli farà sicuramente bene a ciascuno di noi e alle nostre comunità parrocchiali.

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