Notizie dal Brasile

Franca Cravero

Giornali e media dedicano da tempo la maggior parte dei contenuti alla situazione della pandemia in Italia, in Europa, negli Stati Uniti, mentre spesso si fa solo qualche breve accenno a cosa succede nei paesi extraeuropei.
Abbiamo chiesto a mons. Carlo Ellena, già vescovo di Zé Doca, di parlarci della situazione del “suo” Brasile, delle notizie che gli arrivano dalla sua vecchia diocesi.
Il Brasile è una terra di grandi contraddizioni, pochi ricchi e molti poveri: com’è la situazione rispetto al periodo della sua missione? Fino a un certo punto il Brasile è stato un paese in forte crescita. Fino a una ventina di anni fa, quando ero laggiù, ricordo che non c’erano case in mattoni, luce elettrica, strade… ora è cambiato moltissimo. L’opera del presidente Lula, pur con tutti i suoi errori, è stata sicuramente positiva. Purtroppo la gestione del presidente Bolsonaro ha invertito la tendenza.
L’ex presidente Lula ha accusato Bolsonaro di genocidio per le inadempienze e le sottostime rispetto alla pandemia…
È sicuramente vero, diverse volte ha paragonato il virus a una semplice influenza che prima o poi sarebbe scomparsa da sola. Lui ha asserito di non essere un “coveiro ”, un becchino, uno che si occupa di morti, e non ha mai dubitato un attimo della sue scelte, anche di fronte a cifre di 4.000 morti al giorno.
È mancato in modo quasi totale un piano per affrontare la pandemia, con il risultato che fin da subito è emersa la mancanza di medicinali, attrezzature, personale sanitario.
Bolsonaro è un militare arrivato al potere con l’appoggio dei grandi fasendeiros, i grandi proprietari terrieri, a cui ha fatto concessioni pesanti. Gli effetti si manifestano ora: ricerche e sfruttamento selvaggio delle materie prime e preziose, disboscamento incontrollato della foresta amazzonica per la produzione di legname, in aperto contrasto con le organizzazioni ambientaliste e i diritti delle comunità native. Quasi sempre tutto ciò fa capo a compagnie straniere.
Lula descrive il sistema sanitario brasiliano, ai tempi del suo governo, come un’eccellenza: lei che l’ha vissuto direttamente può dire che è effettivamente così?
Forse questa era la situazione nelle grandi città, ma nelle aree più marginali la sanità già alla mia epoca non era per nulla un’eccellenza. Il medico si vedeva un paio di volte l’anno.
Nella sua diocesi com’è ora la situazione?
La gente è molto preoccupata, alcune famiglie si sono messe in lockdown in modo autonomo, adeguando i propri comportamenti a ciò che vedono fare in Europa. La vaccinazione è considerata preziosissima ed è un momento importante: la gente si fa fare la foto al momento dell’iniezione. In qualunque caso, proprio per la politica sconsiderata del presidente, le vaccinazioni stanno procedendo molto a rilento; sicuramente i villaggi più isolati saranno gli ultimi a essere considerati.
La Chiesa locale si è adeguata alle norme che esistono da noi: distanziamenti in chiesa, celebrazioni all’esterno, distribuzione della Comunione fuori dalle chiese, collegamenti in streaming dove si può. C’è da dire che il carattere brasiliano è molto vivace ed espansivo: vietare processioni o ritrovi con assembramenti è praticamente impossibile.
Si cerca anche di aiutare le famiglie in difficoltà, ma la Chiesa ha pochissime risorse quindi non si riesce a fare molto.
Però, nonostante tutto, i brasiliani hanno un’indole splendida, la gente è serena e ottimista anche di fronte alle difficoltà.
Lei ci ha parlato spesso di villaggi sperduti raggiungibili con ore di viaggio: la pandemia è arrivata fin lì?
I villaggi indios sono più tartassati, se colpiti dal virus non hanno nessuna possibilità di ricevere cure o vaccini. Alcune etnie più isolate, ad esempio alcune tribù di Yanomami, non avendo molti contatti con la “civiltà”, per ora sono state preservate dal virus, ma nel momento in cui questo avvenisse per loro la situazione non potrebbe essere peggiore, sono a rischio di scomparsa.

Menu