…poi, una domenica, ti ritrovi Diacono

Marco, diacono

Da domenica 14 novembre 2021 l’Unità Pastorale 46 ha un nuovo Diacono permanente: Gianfranco Leo.
La “notizia” dell’ordinazione di Gianfranco è stata ampiamente diffusa ben prima di questa data, ma ricordarlo anche su questo periodico parrocchiale ha una sua importanza. E d’altra parte non è che Gianfranco non sia conosciuto in Grugliasco, tanto più negli ambienti parrocchiali.
Così come è importante ricordare che gli è stato assegnato l’incarico sulle 4 parrocchie dell’Unità Pastorale a rafforzare un percorso di collaborazione tra le varie Comunità parrocchiali, che oramai è inevitabile ed irreversibile.
Con questo evento si consolida anche una tradizione piuttosto importante che vede le parrocchie di Grugliasco in prima linea nel “generare” ministri ordinati Diaconi: infatti con Gianfranco, dalla restaurazione dell’ordine diaconale post Concilio Vaticano II, sono ormai una decina. Al di là degli aspetti prettamente statistici, vorrei condividere alcune semplici riflessioni, in primis, con te Gianfranco, e con gli altri lettori di questo periodico. Sicuramente mi è tornata in mente una chiacchierata di 6-7 anni fa, credo, che è iniziata con una telefonata del tipo “Marco, passa a trovarmi che ho messo un paio di birre in frigo…” che poi è nel tuo stile, aperto e piuttosto informale…
E ci siamo trovati a parlare del percorso per diventare Diaconi: una tonnellata di domande, qualche risposta, nessuna definitiva, e la necessità, ovvia, di pensarci su…
Così capita che ci si mette in cammino, si percorre una strada, a volte, direi, molto faticosa, specialmente se gli studi vanno giustamente coniugati con la vita familiare e quella lavorativa.
Poi arriva una domenica in cui ti trovi in Cattedrale, sdraiato faccia a terra su un tappeto rosso, nel bel mezzo dell’invocazione dei Santi, e ti passa per la testa tutto il possibile (e anche un pezzo dell’impossibile) e fondamentalmente ti chiedi il senso di tutto ciò, e soprattutto perché il Signore ha scelto proprio te!

Mi viene spontaneo ripensare alla tua Ordinazione e ad alcune parole dette dall’Arcivescovo Nosiglia, sicuramente non a caso.
Intanto la scelta delle Letture: ti sarai accorto che rispetto a quelle previste per quella domenica, sono state cambiate la Seconda e il Vangelo. Vabbè, la seconda è stata scelta nel solco della tradizione, con il racconto dell’ordinazione dei primi 7 diaconi… Ma il Vangelo scelto mi ha molto colpito.
Una brano che potremmo sintetizzare con “il coraggio dello spreco d’amore”…, quasi mezzo chilo di profumo preziosissimo versato sul capo di Gesù, e pure il vasetto di alabastro spezzato…
Ecco perché mi ha colpito: se c’è una cosa che ti riconosco, Gianfranco, è la capacità ed il coraggio di offrirti agli altri per come sei, senza maschere e senza compromessi. E questa mi pare una bella qualità che saprai sicuramente mettere a frutto nel tuo ministero diaconale.
Poi l’omelia, il cui filo conduttore è stata la vocazione al servizio della quale è chiamato il Diacono. Una vocazione da testimoniare con Fede e Amore, a favore dei poveri.
Ma quali sono i poveri, caro Gianfranco, che incontrerai nel tuo servizio diaconale? Sì, credo che avrai occasione di incontrare anche poveri nel senso letterale del termine, in ristrettezze economiche e nel bisogno oggettivo e contingente. Questi sicuramente li incontrerai e sono sicuro, conoscendoti, che saranno oggetto delle tue attenzioni e cure.
Ma ci sono tanti poveri che non difettano di mezzi economici, quanto meno per una vita dignitosa. Cioè, se vogliamo esprimerla metaforicamente, non sono “poveri fuori”, ma sono terribilmente “poveri dentro”.
Credo, anzi ne sono convinto, che i “poveri dentro” siano il vero campo di semina del tuo, del nostro essere diaconi, in questo tempo e in questa realtà territoriale.
Ed è un campo terribilmente difficile da lavorare perché, a differenza del “povero fuori” che normalmente sa perfettamente di esserlo perché è inevitabilmente cosciente del suo stato, il “povero dentro” il più delle volte ne è assolutamente all’oscuro, soffrendo di una sindrome da “autoreferenzialità” che altrettanto inevitabilmente riempie ogni spazio del suo io.
E, di fatto, impedendo qualsiasi lavoro di autoanalisi, tanto meno il generarsi della domanda fondamentale per ogni essere umano: “Gesù può avere uno spazio nella mia vita?”.
Ecco, il tuo essere Diacono, il pensiero ingombrante che la tua esperienza può suscitare, il “perché se sei sposato, se hai una famiglia, un lavoro, ti sei andato ad incasinare la vita con un’ordinazione diaconale?”, associato al tuo modo particolarissimo di essere vicino alle persone, può fare breccia e scalfire il muro che tiene separata tanta gente dal Signore.
Questo è anche ciò che mi sento di augurarti all’inizio di questa splendida e difficile avventura che è essere Diaconi nel terzo millennio.
Ma non sarai solo: ci sarà la tua famiglia, Patrizia in primis, e le tue figlie Miriam e Noemi, le Comunità, i parroci delle nostre parrocchie, gli altri diaconi… e se non bastasse, ci può stare un’altra telefonata, due birre in frigo, una tonnellata di domande, nessuna risposta certa e la necessità, inevitabile, di pensarci su.
Benvenuto Gianfranco!

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