Risorgere dalle ferite o risorgere con le ferite?

Diac. Marco Zampollo

Mi sono sempre chiesto perché il Signore Risorto abbia voluto apparire agli Apostoli con le ferite della crocifissione addosso. Questa circostanza ci è consegnata dal celebre racconto dell’incontro di Gesù con Tommaso, quando è Gesù stesso ad esortare Tommaso a mettere il dito nelle piaghe create dai chiodi e dalla lancia.

Nella Pasqua i cristiani celebrano la Resurrezione di Cristo, Figlio di Dio e Signore della Chiesa.

Facciamo Festa perché il nostro Signore ha spezzato i vincoli della morte alla quale era stato condannato e, come promesso, è appunto risorto, ritornato in vita, uscito dal sepolcro di morte nel quale era stato rinchiuso.

Questo fatto straordinario è ciò che dà sostanza e concretezza alla Fede cristiana: ci dice che la promessa di Cristo di strapparci dalla morte è credibile, perché Lui, per primo, l’ha attraversata.

Ma perché risorgere con le ferite della morte ancora addosso?

Questa perplessità, se così la vogliamo chiamare, appare ancora più profonda se viene affiancata al racconto della Trasfigurazione: tre discepoli sono in estasi contemplando la bellezza del loro Signore… tanto che vorrebbero fare tre capanne, per Gesù, Mosè ed Elia, e stare lì per sempre.

La Resurrezione non avreb-be forse meritato che il Signore si presentasse alle donne e poi agli apostoli quanto meno con l’abito radioso della Trasfigurazione?

Allora mi chiedo se queste ferite, ancora presenti dopo la Resurrezione, non abbiano un legame profondo con il mistero dell’Incarnazione.

E credo di sì.

Ed è qualcosa di rassicurante perché ci dicono che la Resurrezione non è un rito magico che rimette a posto tutte le cose e che magari vale solo per qualcuno, per i più bravi. No, la Resurrezione è qualcosa che vale per tutti, anche e soprattutto per chi è ferito, a maggior ragione se è ferito dentro. Vale anche per chi l’ha ferito, il Signore.

Per questa ragione la Pasqua di Resurrezione è la Solennità: ogni essere umano ferito può proiettarsi nel Risorto e riconoscersi nelle Sue ferite ancora presenti, può non sentirsi solo, può capire che con la Resurrezione Gesù non ha completato la sua missione e “chi si è visto si è visto”, perché Gesù stesso ci ha promesso di rimanere con noi fino alla fine del mondo.

Le ferite che il Signore non ha voluto cancellare con la Resurrezione ci dicono che, Lui sì ha sconfitto la morte, ma non si è separato dall’Uomo e soprattutto continua a portare con sé il ricordo del male, presente in ognuno di noi e nel mondo intero. Lui saprà sempre il male che subiamo e il male che facciamo agli altri.

E noi, dentro il nostro cuore, conserviamo la profonda nostalgia dell’Uomo ferito sulla croce, per cui ad ogni Pasqua di Resurrezione, da allora e per sempre, sarà sempre l’incontro tra l’uomo ferito e l’Uomo che è stato ferito: fino a quando, infine, lo vedremo solo più come l’uomo della Trasfigurazione, senza ferite, né Lui, né noi.

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