I GIOVANI E LA DIDATTICA A DISTANZA

I nostri giovani, così come i bambini, sono nuovamente in DAD. Ma come stanno vivendo la scuola i ragazzi, dopo questo anno di pandemia? Come se la cavano con questa didattica non in presenza? E come stanno?
Nel nostro piccolo, abbiamo aperto un confronto: con un educatore, con una studentessa e con un’insegnante.

Matteo Zoppegno,
educatore
Sono Matteo, ho 21 anni e all’interno dell’oratorio seguo i ragazzi del gruppo Biennio; nella vita studio tecniche della prevenzione negli ambienti e nei luoghi di lavoro, detto anche sicurezza sul lavoro.

Come stanno i ragazzi dal tuo punto di vista?
Io, come ho già detto, sono animatore del Biennio. I ragazzi che seguo di questa fascia di età sono in difficoltà, non stanno passando un bel periodo. Noi stiamo cercando di vederli e affiancarli il più possibile.
Sentiamo le loro sofferenze e il loro disagio, vediamo che hanno sempre meno voglia di fare, questo lo riscontriamo anche in noi più grandi.
La nostra volontà è quella sbloccarli. Quello che mi fa stare più male è che loro non sono arrabbiati, ma vivono questa situazione con indifferenza, subendola senza reagire.

Secondo te, ci siamo persi per strada dei ragazzi?
Sicuramente seguire ogni ragazzo singolarmente non è facile e di conseguenza qualcuno ce lo siamo perso. Noi cerchiamo di affrontare singolarmente ogni problema con ogni ragazzo, ma qualcuno fa più fatica a parlare e a farsi aiutare e di conseguenza noi facciamo fatica a stargli dietro.

Cosa potremmo fare per coinvolgerli di più?
Sicuramente del lavoro lo stiamo facendo, ma si può sempre fare di più. In programma per l’estate c’è un progetto più strutturato, soprattutto per i ragazzi nella fascia dalla terza media alla prima superiore, nella speranza di coinvolgerli di più facendo attività strutturate e pensate apposta per loro, così da agganciarli e trainarli.

Com’è venuto in mente alla Comunità Educatori di fare il Progetto Studio e perché?
Alla Comunità Educatori è venuto in mente questo progetto perché sentivamo l’esigenza di fare qualcosa per questi ragazzi, viste le continue chiusure e il protrarsi di questa situazione.
Abbiamo cercato la maniera più sicura per vederli ed è venuto fuori questo progetto che cerca di educare i ragazzi anche nello studio.
Abbiamo pensato così di incontrare i ragazzi nella piazza dell’oratorio GO per studiare, ognuno al proprio tavolino, nella speranza che i numeri aumentino sempre di più.

Secondo te, come progetto funziona?
Io penso che ci sia bisogno di un po’ di tempo per partire. Sicuramente dai ragazzi delle medie abbiamo avuto un riscontro maggiore, i numeri sono più alti. Per i ragazzi delle superiori i numeri sono ancora un po’ bassi, ma penso che per loro ci sia bisogno di più di tempo.
Il fatto che i ragazzi del triennio possano dare una mano a quelli delle medie è un buon punto di partenza e penso che questa sia una responsabilità che vale la pena prendersi.

Matilde,
19 anni, studentessa, ultimo anno di liceo scientifico sportivo.
In oratorio frequento il gruppo GAP e sono animatrice del gruppo Start con Edoardo (19 anni, gruppo GAP). In questo periodo di zona rossa l’attività di Start si è fermata. Abbiamo sostituito l’incontro del sabato pomeriggio con un mini momento, giusto per salutarsi, la domenica mattina prima di Messa. La parte formativa e di gioco è tutta sospesa.

Che cosa ti manca di più della vita prima del Covid?
Se devo cercare un aspetto e un’azione concreta direi viaggiare. Però, devo dire, anche il poter stare insieme normalmente. Ora stare insieme, riunirsi, è diventato praticamente illegale. Quindi mi manca anche la tranquillità di vedersi senza sotterfugi, di vedersi con i propri amici, come tutti i ragazzi fanno sempre.

Zona rossa, scuole chiuse: come sta andando la DAD?
Ormai è rodata, nel senso che è passato un anno ed è più normalità la DAD che la scuola normale, vera. Nelle scuole superiori penso stia funzionando meglio, perché ovviamente i ragazzi sono più indipendenti e la patiscono molto meno, anche a livello di concentrazione, rispetto alle medie e alle elementari. Sicuramente il contatto umano, sia con i professori che tra compagni, è tutto diverso attraverso lo schermo.

Quest’anno tu avrai la maturità: pensi che sia meglio o peggio, con questa situazione, rispetto a prima?
Sicuramente quest’anno, essendoci di nuovo una sola prova, l’orale, ci sono venuti incontro visto che, rispetto ai ragazzi dello scorso anno, noi abbiamo fatto ancora più scuola in DAD. Non saremmo stati pronti ad una prova di maturità normale, però è sicuramente peggio.
Ha un valore minore, perché la scuola adesso ha un valore minore.

Hai paura, sei preoccupata per la situazione in cui siamo?
Paura no, non credo, e neanche preoccupazione. Più che altro siamo stufi, perché ormai la normalità sembra un traguardo lontano. Non lo so… ma non crediamo più tanto a tutte queste promesse del tornare alla normalità perché ci vorrà ancora molto tempo, e dispiace perché vivere, stare così, è brutto e ci siamo stancati.

La tua giornata tipo in zona rossa?
Beh… non è molto entusiasmante! Mi sveglio al mattino per le lezioni, faccio la mattinata di scuola in pigiama. Poi, con l’escamotage dello fare sport, vado a camminare o corriere con qualche amica o amico per stare un po’ insieme, stando un po’ fuori. Poi il pomeriggio studio un po’, mi guardo qualche serie o film e poi vado a dormire.
E il giorno dopo si ripete!

In oratorio è partito il nuovo progetto studio che adesso, essendo in zona rossa, è fermo perché l’oratorio è chiuso. Cosa ne pensi del progetto? Della lettera che gli educatori hanno scritto ai giovani? Pensi che il progetto sia stato, è e sarà utile?
Io ho avuto modo di vivere questo progetto, sia come aiuto verso i ragazzi più piccoli, sia usufruendo della piazza per studiare a mia volta. Penso che sia stato utile e ben accolto da tutti. Ad esempio, da parte dei ragazzi delle medie, ho trovato una grande partecipazione e anche contentezza di avere uno spazio in cui svolgere un’azione noioisa (perché fare i compiti/studiare sono noioisi), ma avendo qualcuno di più grande in supporto e la compagnia dei propri amici, visto che i momenti di incontro si sono ridotti notevolmente.
E lo stesso vale per me, nello studiare lì, in oratorio.

Laura Cavallo,
insegnante di Lettere di scuola secondaria di secondo grado

Dal tuo punto di vista di insegnante, come sta andando con la DAD?
La mia cattedra è su due classi terze, ma il lavoro sulle relazioni va oltre le classi che seguo direttamente. A fronte di questo anno, personalmente non credo nella didattica a distanza. Nonostante alcuni esperti sostengano che con la DAD si è scoperta una nuova risorsa, io non penso che sia vero. L’unico aspetto positivo è stato ed è che l’insegnante è obbligato a cambiare il modo di lavorare, a scegliere soluzioni più smart e a sperimentare con il digitale. Ma, a mio avviso, l’apprendimento passa attraverso la relazione, i ragazzi apprendono ma quando questo passa attraverso la relazione. E non li colpevolizzo se fanno fatica con la DAD, io stessa faccio fatica a seguire webinar formativi.
Con la DAD i ragazzi hanno perso la socialità, che è l’aspetto più grave e devastante e l’apprendimento visto come appassionarsi a quanto si studia. Hanno lavorato tanto ma mi chiedo fino a che punto abbiano appreso con questa accezione della passione per ciò che si studia.

Come stanno i ragazzi dall’osservatorio che hai tu?
I miei studenti seguono la DAD dalle 8 alle 13,30 e la mia preoccupazione è che questi ragazzi “scoppino”. Le famiglie sono preoccupate per i loro figli sempre attaccati agli schermi. Sono aumentati i casi di disturbi alimentari e non solo, credo che la DAD sui più fragili sia devastante. E contemporaneamente abbiamo i ragazzi che sono contenti di stare a casa ed è altrettanto preoccupante che stiano bene chiusi nelle loro camere. Abbiamo avuto casi di positività ma non è la scuola il luogo dove si diffonde il virus, qualche caso da genitori che tornavano da viaggi di lavoro o da nonni, comunque non casi preoccupanti da dover dire di chiudere la scuola. E se devo mettere sul piatto della bilancia il virus e il benessere dei ragazzi, per me vince il benessere dei ragazzi. Noi, infatti, abbiamo avuto fin dall’inizio l’obbligo di far didattica a scuola.

Con la DAD ci siamo persi per strada dei ragazzi?
Lo scorso anno i ragazzi sono passati tutti, anche se a settembre si vedevano i risultati. Al momento si cerca di salvare tutti. Il rischio della dispersione scolastica si vedrà più avanti, anche perché il timore è che le superiori non riprendano più in presenza per quest’anno. Tra rimandati e bocciati il rischio quest’anno è alto.
Ci sono molti ragazzi che non si collegano e così si va alla deriva.
L’altro rischio che intravedo è il buonismo, il dire solo “poveri ragazzi”, quindi non riuscire a fare una valutazione oggettiva, però non si possono mandare avanti ragazzi che non sanno. In questa situazione a distanza molti insegnanti non hanno verificato perché ritengono che non sia attendibile.
Ci sono tanti buchi in questa situazione e l’insegnante può cercare di farsene carico, di prendersene cura. Sono rimasti i contorni di questo sistema scuola, ma molti insegnanti sono davvero in difficoltà.

Quali sono i nuovi bisogni dei ragazzi a fronte di questo ultimo anno?
Preservarsi dal contagio sta portando alla solitudine di questi giovani ed è triste che nessuno lo dica. C’è bisogno di ridare di nuovo spazio ai giovani, renderli protagonisti e renderli attivi perché loro nella didattica a distanza sono passivi. Hanno bisogno di essere ascoltati, anche per ciò che concerne la loro affettività.

Cosa può mettere in campo il mondo adulto per far fronte a questa situazione?
Ben vengano tutte le cose che si possono fare fuori di casa, cercare di proporre degli spazi di socialità, ovviamente in sicurezza. E poi è importante che ci sia una segnalazione, un canale di confronto tra gli insegnanti e le famiglie, perché non sempre la scuola può farsi carico di tutte le questioni, ma scuola e famiglia devono agire insieme. In rete tra tutti bisogna costituire una comunità educante che si prenda cura di loro, che sappia intercettare i bisogni. Alcuni ragazzi hanno solo bisogno di qualcuno con cui parlare, molti hanno anche famiglie che non vedono mai, perché lavorano, non è vero che sono tutti a casa.
Dobbiamo fare in modo che i giovani siano attorniati da persone attente, che ci sia qualcuno capace di dire “guarda che tuo figlio è in difficoltà”.

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