Solo l’amore salva

Don Paolo

“A furia di pensare a se stessi, gli altri diventano invisibili.” Così commentavo il brano di Lc 16,19 “il ricco cattivo e il povero Lazzaro”, questo il titolo della famosa pagina evangelica nella Bibbia di Gerusalemme, nella celebrazione penitenziale comunitaria per gli adulti di inizio marzo. Un solco insuperabile rischia di dividerci da quelli che abbiamo allontanato, ignorato, un solco che non avremo più la possibilità di colmare. Divisi per sempre, questo è l’esito della parabola di Gesù, quando ci accorgeremo che siamo dalla parte sbagliata della barriera, dalla parte dove non c’è compassione e amicizia. Quante corde si sono spezzate in questo ultimo anno di isolamento, quante relazioni perse. La piccola corda colorata, diventata il simbolo della nostra Quaresima, ci ha ricordato che è tempo di ricucire, di ritrovare, di andare incontro; è tempo di girare la testa verso gli altri, di aprire gli occhi perché l’isolamento ci uccide.
Siamo arrivati al Sabato Santo, il giorno in cui Cristo scende nella terra delle ombre, ombre di morte, per chiamare chi non viene più nominato da nessuno, perché questa è la vera morte: non avere più nessuno che mi cerca, che ha bisogno di me. Il silenzio della morte saprà anche di pace, ma ha il sinistro sapore del nulla, del “mi sono dimenticato di te”, del “non abbiamo più nulla da dirci”. Che vibrazione trasmette il grido potente di Gesù “Lazzaro vieni fuori”, urlo che rompe silenzio e lacrime. Sembrava tardi, ma non è mai troppo tardi per riprendere una relazione, e la voce di Gesù riannoda la vita di Lazzaro, presagio di quello che ricordiamo avviene appunto il Sabato Santo: Gesù va a chiamare per nome i morti e la vita riprende nella relazione.
È giunto allora il tempo di riaccendere le relazioni, costi quello che costi, si dovrebbe dire, perché se no moriamo! Questo è l’invito e l’augurio pasquale. Questo è celebrare vita dove c’è morte!
Vorrei portare la vostra attenzione alla scena della morte di Gesù, così come ce la racconta il Vangelo di Marco che riascoltiamo quest’anno nella Domenica delle Palme entrando nella Settimana Santa. Gesù, sulla croce, è preso in giro, oltraggiato da chi punta il dito sul suo fallimento: “Ha salvato altri e non può salvare se stesso” (Mc 15,31). Impotenza che rivela il fallimento: se non riesce a salvare se stesso, che salvatore è? Come possiamo contare sul di lui? Quello che dicono i capi dei sacerdoti, gli scribi, per prendersi gioco di lui, gonfi di aver smascherato l’impostore è assolutamente vero: sì, ha salvato noi, non ha pensato a sé! Ma è giusto ridere o non dovremmo piuttosto vergognarci perché noi non siamo capaci di tanto, sempre preoccupati a preservare, a proteggere, a salvare il nostro benessere, la nostra incolumità. Un amore senza limiti ci ha salvato, sprofondando nella solitudine della morte, disprezzato, irriso e abbandonato da tutti. Ma non pensare a sé fino alla fine, dimenticarsi a favore degli altri, si chiama Amore. Amore che salva!
Per riaccendere relazioni e non morire, forse dovremo ripartire proprio dalla scena della croce, come ho provato a proporre per tre domeniche quaresimali, e cercare di poter imparare dal Cristo a mettere gli altri, la salvezza degli altri, davanti alla propria. Chi cerca di salvare gli altri finisce in croce, sia chiaro, oggi come allora, ma solo l’amore salva!

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